La rubrica di approfondimento di ClicLavoro Veneto sulle novità dal mondo del lavoro a cura di Alberto Lanza
Lavoratori stranieri: per i nuovi ingressi pre-compilazione delle domande dal 1° novembre 2024
Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto legge 11 ottobre 2024, n. 145 entrano i n vigore le nuove regole in materia di ingresso di lavoratori stranieri per l’anno 2025.
La prima indicazione che si ricava dal decreto è quella relativa alla possibilità per i datori di lavoro e per le loro organizzazioni di rappresentanza di procedere con la pre-compilazione delle richieste di nulla osta attraverso il portale messo a disposizione dal Ministero del lavoro a far data dal 1° novembre e fino al 30 novembre 2024.
Ciascun datore di lavoro potrà presentare al massimo tre richieste fatta salva l’ipotesi che le istanze siano presentate per il tramite della associazioni di categoria.
Tra le altre novità contenute nel decreto la previsione di ulteriori 10 mila nuovi ingressi per lavoratori addetti all’assistenza in favore di persone disabili e di grandi anziani (persone che hanno compiuto 80 anni), l’esclusione dal numero di quote autorizzate delle conversioni dei permessi di soggiorno stagionali in permessi per lavoro subordinato senza la necessità del rimpatrio nel Paese di provenienza per i lavoratori stagionali nell’attesa della conversione. Il rilascio di un permesso di soggiorno della durata di sei mesi per “casi speciali” agli stranieri vittime di “sfruttamento del lavoro” e la necessità che il datore di lavoro entro sette giorni dalla comunicazione della procedura relativa al visto di ingresso del lavoratore confermi telematicamente allo sportello unico per l’immigrazione la richiesta di nulla osta.
Il contratto di soggiorno non sarà più sottoscritto fisicamente presso lo sportello unico ma sarà invece firmato telematicamente tra le parti (firma digitale per il datore di lavoro, anche autografa per il lavoratore) entro otto giorni dall’ingresso del lavoratore straniero e trasmesso sempre in via telematica allo stesso sportello unico per l’immigrazione.
Conciliazioni in materia di lavoro: l’importanza della sede
Il lavoratore, ai sensi dell’articolo 2113, del codice civile, ha facoltà di effettuare rinunce e transazioni aventi ad oggetto diritti di cui dispone, derivanti da norme di legge o di contratto collettivo, ma solo se predette rinunce e transazioni siano effettuate dinanzi a un giudice, presso le commissioni di conciliazioni dell’ispettorato del lavoro, presso le commissioni di certificazione, in sede sindacale, in una delle sedi previste dalla contrattazione collettiva, presso il collegio di conciliazione e arbitrato irrituale e nell’ambito della negoziazione assistita da avvocati.
La Corte di Cassazione con ordinanza n. 10065/2024 adotta un’interpretazione restrittiva della locuzione “in sede sindacale” intendendo ammissibile la conciliazione se intervenuta non solo con l’assistenza di un rappresentante sindacale ma anche se avvenuta in un determinato luogo fisico ovvero la sede dell’organizzazione sindacale.
Le indicazioni dei luoghi idonei a ospitare accordi conciliativi in materia di lavoro non possono che avere un carattere tassativo anche e soprattutto al fine di consentire al lavoratore, nella propria scelta, di non subire alcuna influenza datoriale quale potrebbe derivare dall’utilizzo di un ambiente non neutro.
La Cassazione conclude per l’inefficacia della rinuncia a un diritto del lavoratore qualora la stessa avvenga presso la sede del datore di lavoro o dell’associazione datoriale cui lo stesso aderisce o del consulente del lavoro della cui assistenza si avvale, anche se alla presenza del rappresentante sindacale che assiste il lavoratore.
Ferma restando la necessità che l’assistenza sindacale si riveli effettiva (piena consapevolezza in capo al lavoratore delle conseguenze derivanti dall’accordo) rimangono, pur alla luce delle considerazioni contenute nella sentenza in commento, valide le indicazioni contenute nei contratti collettivi in merito all’individuazione delle sedi deputate secondo quanto previsto dall’art. 412-ter del codice di procedura civile.
Lavoratori stagionali stranieri: sanzione per il datore di lavoro che chiede un canone di affitto non consono
Il testo unico in materia di immigrazione (Dlgs 286/1998) stabilisce che il canone richiesto dal datore di lavoro al lavoratore straniero assunto per attività stagionale non deve essere esorbitante rispetto alla qualità dell’alloggio fornito e in ogni caso non deve essere superiore a un terzo della retribuzione corrisposta.
Ora con il decreto legge 131/2024 (in vigore dal 17 settembre 2024) il governo, in risposta alle obiezioni mosse in materia dalla Commissione europea, dispone che il datore di lavoro che metta a disposizione del lavoratore straniero un alloggio privo di idoneità o a un canone eccessivo o trattenga l’importo del canone stesso dalla retribuzione è punito con la sanzione amministrativa da un importo pari a 350 euro fino a un massimo di 5. 500 euro.
Rispetto alla precedente previsione normativa già aggiornata con il Dlgs. 203/2016, il nuovo comma 15 -bis aggiunto all’art. 24, del testo unico appare maggiormente preciso e soprattutto introduce una sanzione in caso di violazione.
Contratti a termine: per l’uso illegittimo l’indennizzo spetta al giudice
Se fino a oggi per l’abuso in materia di contratti a tempo determinato e la sua conseguente trasformazione in rapporti a tempo indeterminato era prevista, ai sensi dell’art. 28, del Dlgs 81/2015, un’indennità a titolo di risarcimento del danno compresa tra le 2,5 e le 12 mensilità, dal 17 settembre 2024 con l’entrata in vigore del decreto legge n. 131/2024, che dà riscontro alla procedura di infrazione adottata dalla Commissione europea per il mancato allineamento della normativa nazionale alla direttiva comunitaria 1999/70/Ce, l’indennizzo può essere stabilito dal giudice anche in misura superiore al limite massimo qualora il lavoratore sia in grado di provare la sofferenza di un maggiore danno.
Nuova diffida amministrativa: le violazioni lavoristiche assoggettabili
L’entrata in vigore dal 2 agosto 2024 del Dlgs 103/2024 introduce nel nostro ordinamento la “diffida amministrativa” per gli illeciti amministrativi per cui sia prevista una sanzione pecuniaria di importo non superiore a 5 mila euro e che risultino accertate per la prima volta nell’arco di un quinquennio.
L’ottemperanza all’adempimento, sollecitato dall’organo ispettivo, entro il termine di 20 giorni dalla notificazione estingue il procedimento sanzionatorio.
Il nuovo strumento a disposizione dell’ispettorato del lavoro, da non confondersi con la diffida obbligatoria di cui all’art. 13, del Dlgs 124/2004, non può trovare applicazione qualora le violazioni incidano in materia di sicurezza sul lavoro o siano riferite al rispetto di obblighi di natura comunitaria.
L’ispettorato nazionale del lavoro ha fornito una serie di chiarimenti in merito all’adozione del provvedimento con note rispettivamente 1357/2024, 6774/2024 che contiene l’elenco delle violazioni assoggettabili alla diffida amministrativa e 7296/2024.
Ai fini lavoristici rientrano tra gli illeciti sanabili attraverso la diffida amministrativa le omesse o ritardate comunicazioni obbligatorie in materia di collocamento (cessazione e trasformazione del rapporto di lavoro) tra le quali anche la comunicazione preventiva di assunzione qualora non sia applicabile la “maxisanzione per lavoro nero”.
È bene ricordare che la maxisanzione non trova applicazione in tutte le ipotesi in cui, dagli adempimenti di carattere contributivo precedentemente assolti, si evidenzi la volontà datoriale di non occultare il rapporto di lavoro anche in assenza di CO di assunzione.
Anche nel caso in cui sia comminata la maxisanzione, così come chiarito dall’ispettorato nazionale del lavoro con nota del 19 aprile 2022 (vademecum) e successiva nota 2089/2022, le sanzioni previste per la comunicazione preventiva di assunzione, per la consegna della lettera di assunzione al lavoratore e anche per la omessa comunicazione di cessazione sono assorbite nell’ambito della stessa maxisanzione.
Patente a crediti: dal 1° ottobre obbligo nei cantieri
L’obbligo nei cantieri temporanei o mobili per le imprese, anche non specificatamente del settore edile, e per i lavoratori autonomi che svolgono attività presso i cantieri è in vigore dal 1° ottobre 2024.
La patente è rilasciata in formato digitale accedendo con Spid al portale dell’ispettorato nazionale del lavoro; fino al 31 ottobre è consentito anche l’invio al recapito mail “dichiarazionepatente@ispettorato.gov.it” di un apposito modello allegato alla circolare n. 4/2024 dello stesso ispettorato corredato da un autocertificazione o dichiarazione sostitutiva relativa al possesso dei requisiti per l’acquisizione della patente.
Oltre all’iscrizione alla Camera di commercio i richiedenti devono essere in regola con il Durc (documento unico di regolarità contributiva) e in possesso della certificazione di regolarità fiscale.
Il quadro regolatorio della patente a crediti è contenuto nel decreto ministeriale 132/2024 che prevede che la dotazione iniziale della patente sia pari a 30 crediti che potranno arrivare a 100 ( lo svolgimento di attività lavorativa è consentito in presenza di almeno 15 crediti).
In presenza di violazioni la patente potrà essere revocata o sospesa con provvedimento obbligatorio o discrezionale dell’ispettorato del lavoro.
Il possesso della patente a crediti non è richiesto in capo alla aziende in possesso dell’attestazione di qualificazione SOA, in classifica pari o superiore alla III, di cui all’art. 100, comma 4, del codice dei contratti pubblici (Dlgs n. 36/2023).
Focus del mese
Il lavoro autonomo occasionale ex art. 2222 codice civile
Il lavoratore autonomo, secondo la definizione codicistica, è colui che a fronte di un corrispettivo si obbliga a realizzare un’opera o un servizio con lavoro prevalentemente proprio e senza vincoli di subordinazione e coordinamento con il committente.
Se il lavoratore esercita l’attività autonoma in modo del tutto occasionale e in assenza dei requisiti di professionalità e prevalenza lo stesso si caratterizza come lavoratore autonomo occasionale.
Il lavoratore autonomo occasionale qualora il reddito derivante dall’attività, riferita sia a un unico che a una pluralità di rapporti, superi il limite dei 5.000 euro annui deve iscriversi alla gestione separata Inps presso cui, secondo le regole previste per i collaboratori coordinati e continuativi, andrà versata la relativa contribuzione dovuta solo sulla quota di reddito eccedente i 5 mila euro.
L’aliquota contributiva per l’anno 2024 è pari al 33, 72% (per i pensionato e gli assicurati presso altre forme di previdenza obbligatoria l’aliquota è del 24%) da ripartire tra collaboratore o lavoratore autonomo occasionale e committente nella misura rispettivamente di un terzo (1/3) e due terzi (2/3).
I redditi da lavoro autonomo occasionale sono, dal punto di vista fiscale, classificati come ” redditi diversi”.
Il committente, che agisce come sostituto d’imposta, deve operare all’atto del pagamento del compenso una ritenuta del 20% quale acconto dell’ imposta sul reddito delle persone fisiche dovuta dal lavoratore.
A far data dal 21 dicembre 2021, in virtù di quanto previsto dall‘art. 14, comma 1, del Dlgs 81/2008 come modificato dal decreto legge 146/2021 convertito nella legge 215/2021, i committenti che operano in qualità di imprenditori devono comunicare preventivamente l’inizio dell’attività di lavoro autonomo occasionale.
Dal 28 marzo 2022 la comunicazione deve essere trasmessa telematicamente tramite il modulo, disponibile sul portale “Servizi Lavoro” del Ministero del Lavoro, che consente la scelta tra tre opzioni: 1) conclusione dell’opera o servizio entro 7 giorni; 2) conclusione dell’opera o servizio entro 15 giorni; 3) conclusione dell’opera o servizio entro 30 giorni. Nelli Paesi in cui l’arco temporale entro cui si compia l’opera o il servizio sia superiore sarà necessario l’invio di una nuova comunicazione (nota INL n. 2022) .
Al fine di consentire la comunicazione anche in caso di malfunzionamento del sistema informativo l’Ispettorato Nazionale del Lavoro con nota 881/2022 ha reso noto il mantenimento delle caselle di posta elettronica originariamente utilizzate per l’adempimento.
La comunicazione inviata può essere annullata o rettificata in ogni momento antecedente però all’inizio dell’attività lavorativa.
La violazione dell’obbligo comunicativo comporta l’applicabilità della sanzione amministrativa da 500 euro a 2.500 euro per ogni lavoratore per cui sia stata omessa la comunicazione.
Per quanto riguarda l’applicazione della maxisanzione per il lavoro nero, l’ispettorato nazionale del lavoro nel vademecum diffuso con note 856/2022 e 1156/2024 ne prevede la ricorrenza solo qualora l’attività autonoma occasionale per la quale non sia stata effettuata la comunicazione preventiva risulti riconducibile, da parte dell’organo ispettivo, al rapporto di lavoro subordinato e, altresì, in assenza al momento dell’accertamento ispettivo degli altri adempmneti di natura fiscale (ritenuta d’acconto del 20%, emissione della certificazione unica) e previdenziale previsti per la predetta attività.
È indispensabile ricordare come la fattispecie in argomento non vada confusa con il “contratto di prestazione occasionale” di cui all’art. 54-bis del decreto legge n. 50/2017 attivabile tramite apposita piattaforma telematica Inps entro determinati limiti reddituali e modalità specifiche.
Da ultimo è opportuno richiamare l’attenzione sulle faq diramate in materia dall’ispettorato nazionale del lavoro con note nn. 109/2022 e 393/2022 tra le quali spiccano, per interesse, quelle indicative dell’esclusione degli studi professionali, qualora non organizzati in forma di impresa, dall’obbligo comunicativo così come della pubblica amministrazione e degli enti pubblici non economici.
Dal lavoro autonomo occasionale di cui all’art. 2222 del codice civile di distingue il contratto di prestazione occasionale (PrestO) di cui all’art. 54 bis del decreto legge 50/2017 convertito nella legge 96/2017 che si configura come una prestazione di lavoro subordinato attivabile attraverso l’apposita sezione disponibile sul sito dell’Inps cui utilizzatori e prestatori devono registrarsi.
Possono ricorrere a questa prestazione i datori di lavoro che non occupano più di 10 lavoratori dipendenti a tempo indeterminato nonché le aziende del settore agricolo, edile e affini oltre che quelle operanti in attività di escavazione o lavorazioni di materiale lapideo , miniere, cave e torbiere.
Il contratto di prestazione occasionale (PrestO) non può inoltre essere utilizzato nell’ambito degli appalti.
Al lavoratore però ogni ora di lavoro deve essere corrisposto un compenso pari a 9 euro netti che non sono assoggettati a imposizione fiscale e che non incidono sullo stato di disoccupazione del lavoratore medesimo; er il datore di lavoro il costo orario, con oneri previdenziali e assicurativi, è pari a 12, 29 euro.
La prestazione occasionale non può, in ogni caso, avere una durata inferiore alle quattro ore giornaliere ed è inoltre necessario il rispetto dei seguenti limiti in capo al lavoratore e all’utilizzatore: a) limite massimo di 5 mila euro per lavoratore con riferimento alla totalità dei datori di lavoro; b) limite massimo di 2. 500 euro con riferimento al singolo datore di lavoro; c) limite massimo di 10 mila euro per il datore di lavoro con riferimento alla totalità dei lavoratori.
L’avvio della prestazione deve essere preceduto dall’ inoltro all’Inps di una dichiarazione telematica da eseguirsi almeno un’ora prima (in caso di mancato inizio della prestazione la revoca può essere effettuata entro il terzo giorno successivo).
Fonte: https://www.cliclavoroveneto.it/en/-/novit%C3%A0-dal-mondo-del-lavoro-ottobre-2024?redirect=%2Fen%2Fnotizie%2F-%2Fasset_publisher%2FW3RndwculBoe%2F